L'Isolotto è nato almeno due volte

di Eros Croccolini

Da "Il mio '68", della Comunità dell'Isolotto, Centrolibri, 2000.



L'Isolotto è nato almeno due volte: una prima volta nel novembre 1954, quando furono consegnate le chiavi del lotto iniziale di circa mille alloggi di quella che era stata progettata come la prima "città satellite" nella piana a sud-ovest di Firenze; la seconda nascita avviene nell'autunno 1968, quando la massa della popolazione dell'lsolotto, ingranditosi a dismisura e divenuto ormai davvero quasi una città dotata di identità propria e di vari aspetti di autonomia, partecipò, pur se con diversi livelli di consapevolezza e intensità, al processo di trasformazione della società destinato a cambiare nel profondo la cultura e i modi di vivere.

Ambedue le nascite, o meglio le due fasi di un unico processo di nascita, si collocano in momenti cruciali della trasformazione della societa italiana e a tale trasformazione danno un contributo originale e incisivo. Nel 1954, quando si verifica il primo atto di nascita dell'Isolotto, si era nel pieno della grande migrazione che in pochi anni cambierà volto alla penisola.

Masse di popolani dei quartieri storici delle citta vengono espulse dalle loro case, sfrattate dalla strategia economica e politica che dominava l'Italia del boom e che puntava a liberare i centri storici per favorire la speculazione edilizia, dare spazio al terziano, creare città-museo funzionali al turismo di massa. In secondo luogo c'era bisogno di risucchiare nelle citta gli abitanti delle campagne e specialmente i meridionali da riciclare nell'industria affamata allora di manodopera dequalificata per lavori ripetitivi in catene di montaggio senz'anima.

In dieci anni, dal '51 al '61, la campagna italiana dimezzera letteralmente la sua forza lavoro mentre le città specialmente del nord Italia avranno un incremento che le porterà ad esplodere. Nelle periferie delle grandi cittànascono i fenomeni delle baraccopoli e del quartieri-dormitorio. In questi insediamenti inumani si crea la spersonalizzazione della popolazione dalla vecchia identità contadina, artigianale e di classe verso la scalata alla nuova condizione di individuo piccolo-borghese, piccolo proprietario produttore e consumatore, egoista insaziabile. Tutte le grandi città italiane vivono tale transizione quasi senza batter ciglio.

A Firenze la politica esprime invece un progetto culturalmente e socialmente piu nobile e piu razionale, prima col sindaco Mario Fabiani e poi, dal '51, con Giorgio La Pira il quale si lascia ispirare dall'umanesimo di urbanisti come Giovanni Michelucci.

"Il tetto è una cosa sacra, un diritto primario inalienabile... Firenze ha il problema delle case, faremo le case": questo era l'impegno che aveva preso il neo-sindaco, La Pira appunto, nella riumone per l'Insediamento della nuova Giunta, il 5 luglio 1951.

E l'emergenza dell'immigrazione fu in effetti affrontata con una politica adeguata al bisogno. I soli casi piu urgenti erano 3000 in quell'anno. Si incominciò con la creazione di un apposito "Ufficio alloggi". Si proseguì con la requisizione di alcune grandi ville gentilizie praticamente inutilizzate, in base alia riesumazione di una legge del 1865 che estendeva le competenze del sindaco fino alla requisizione in caso di pubbliche calamità. Si dette il via alla costruzione veloce di complessi di "case minime" per tamponare le emergenze piu immediate. Ma il sogno di La Pira non erano solo le case, erano le città come simbolo e concretizzazione della fraternità universale, citta umane e umanizzanti. L'utopia che animava il suo impegno politico era la pace mondiale fondata sull'incontro fra le città. Dove hanno fallito gli Stati, riusciranno i popoli. Il 6 novembre 1954, consegnando le chiavi di quasi mille appartamenti, nella indimenticabile cerimonia d maugurazione dell'Isolotto, spiegò il senso di quella che egli definì come citta-satellite. La città è un'unità organica che ha tutti gli elementi - disse - per stabilire, cementare, accrescere, una comunione fraterna di scambi e di vita. Città-satellite è una vera citta, la quale, seppure orbitando intorno alla metropoli, ha tutti i servizi e le strutture che la rendono autonoma. La prima nascita dell'Isolotto sembro dunque dare un'anima al "Piano Fanfani" di edilizia popolare a livello nazionale. E fece discutere e creò opposizioni. Il sogno della politica fiorentina infatti non era per niente condiviso dai centri di potere che avevano consentito che si scucissero i finanziamenti dello Stato per realizzare l'insediamento abitativo.

L'utopia della città a misura di persona umana fu usata finché si ritenne che servisse politicamente per fermare il comunismo nelle sue stesse roccaforti. Senza convinzione, però.

La Pira fu tradito. L'Isolotto di fatto nacque anch'esso come quartiere dormitorio al pari di tutti gli altri, mancante di tutti i servizi. Ma propno da qui, dalla disgregazione urbanistica cinicamente programmata, nacquero ovunque in Italia e anche all'Isolotto straordinarie esperienze di socialità, di identità comunitaria, di "comunismo dal basso". Perché la mancanza di servizi essenziali, come la scuola, i mezzi di trasporto, l'ambulatorio medico, la farmacia, il mercato e la chiesa stessa, mise in moto energie incredibili di solidarietà. E la lotta per ottenere i servizi negati creo unità oltre le divisioni ideologiche e fece scoprire identità di interessi al di là delle separazioni di bandiera e di credo.

II territorio che doveva essere quasi un anti-fabbrica, nel senso che doveva servire a omologare la gente nella cultura dell'individualismo egoista e a ghettizzare nella fabbrica la conflittualità sociale, si legò invece proprio al mondo operaio. Si creo un'alleanza tra fabbrica e territorio che mise paura. La disgregazione urbanistica produsse indubbiamente i suoi frutti distruttivi dell'anima sociale ferì profondamente il sogno di una società comunitaria oltre i confini perseguito dallo sforzo immenso di un secolo e più di esperienze e lotte sociali per la giustizia, il riscatto dei poveri, la solidarieta, ma generò anche, per contraddizione, nuove identità comunitarie.

Il sogno negato dal potere fu perseguito e in parte realizzato dal basso. Si innesta qui la seconda nascita dell'Isolottto. Quando giunge l'onda della rivoluzione sociale del '68, l'Isolotto è pronto a fare la sua parte. Non per motivi ideologici né per radicalismo parolaio e sognatore. Ma perché nei quindici anni di vita, dalla prima alla seconda nascita, ha percorso con serietà, gradualità, intensità profetica i sentieri impervi e faticosi della ricerca umanizzante in tutti i campi del vivere umano, nessuno escluso: dalla religione, all'etica, alla politica.

La pubblicazione della Comunita dell'Isolotto, L'Isolotto 1954-69, edito da Laterza nel 1969, tradotto in molte lingue, documenta un tale impegno complessivo e graduale di riforma del vivere, passo dopo passo, senza avventurismi, e tuttavia con straordinaria linearità e coerenza. E tutto ciò in collegamento con i grandi processi di trasformazione che animavano la cultura europea, la stessa pastorale e la teologia europee.

La cronologia offerta dalla pubblicazione che sto presentando testimoma il senso della partecipazione dell'Isolotto alia rivoluzione sociale lungo tutto Farco del '68. Ma il contributo più incisivo questo quartiere fiorentino l'ha dato a partire dall'autunno di quell'anno fatidico. Finora i protagonisti della rivoluzione erano sembrati solo gli studenti della nascente borghesia di massa. Con la vicenda dell'Isolotto si fa evidente che in realtà gli studenti sono come la miccia e la parte piu eclatante e visibile e anche però piu contingente e instabile della trasformazione. Il soggetto di base è in realta "il popolo", come allora si diceva, cioè la gente comune, quella delle case del popolo e delle parrocchie, gli abitanti dei formicai periferici,in specie le donne, finché poi, nel 1969, esploderà la stessa classe operaia, che otterrà conquiste di lunga durata come lo Statuto dei lavoratori.

Giustamente, io credo, i promotori di questa pubblicazione rilevano come sul 68 si sia detto e scritto molto ma soprattutto sui fatti eclatanti, sui grandi movimenti, sulle personalità piu in vista. Sono rimasti in ombra se non addirittura ignorati i fatti minori, i movimenti periferici, le persone comuni. Una ricchissima memoria di quel periodo storico è racchiusa nelle coscienze del tanti protagonisti senza ribalta. Essa rischia di andare perduta. Sarebbe decurtata e impoverita la storia complessiva del '68. Dopo trent'anni è importante e urgente trovare modi espressivi e spazi comunicativi perché la memoria delle persone comuni che hanno vissuto quell'epoca venga alla luce e sia trasmissibile.

Da qui l'iniziativa della Comunità e della Biblioteca Comunale dell'Isolotto di raccogliere racconti, testimonianze, vissuti sull'esperienza del '68. Qui sento il dovere di dire qualcosa su tale Biblioteca.

Essa nasce negli anni sessanta, in un clima di forte partecipazione civile e di crescita culturale del territorio e della città. E nasce per un fecondo intreccio fra la società civile dell'Isolotto e le istituzioni decentrate. Una significativa partecipazione dal basso caratterizza subito la sua gestione. La Biblioteca non è solo il luogo della fruizione della memoria codificata e della cultura scritta, ma diviene centro di iniziative culturali, luogo di incontri fra portatori di una viva cultura materiale e orale, fucina di produzione di cultura. Con la trasformazione della società anche la Biblioteca Isolotto si è trasformata per adeguarsi alle esigenze sempre in mutazione della popolazione, al fine di offrire servizi di pubblica lettura, informazione e centro per la valonzzazione della memoria storica, anche locale.

Oggi piu che mai, la Biblioteca Isolotto è un luogo vivo. La presente iniziativa ne è una dimostrazione e una conferma. Non mi resta che augurare alla presente pubblicazione la piu ampia diffusione specialmente fra le giovani generazioni, le quali rischiano diavvicinare il '68 solo attraverso gli stereotipi, spesso coltivati ad arte da chi teme la contaminazione e l'intreccio fra la memoria viva e il futuro creativo.