Katmandu, gli ultimi maoisti nel paradiso dei trekkers

La guerriglia che allontana i turisti dalle cime dell'Himalaya
di Raimondo Bultrini
 
KATMANDU - Il Buddha della Misericordia attraverserà nei prossimi giorni, portato a braccia, le strade di Katmandu, e mai come stavolta sembra avere bisogno di lui il popolo dei credenti vittima della guerra tra maoisti e re del Nepal. Un tempo i turisti armati di macchine fotografiche e zaino in spalla assistevano a frotte a queste cerimonie rituali dal forte impatto emotivo come il passaggio della dea bimba Kumari, costretta a essere servita e riverita senza poter sfiorare terra.
Raramente un occidentale può vedere così da vicino il volto di uomini o donne in trance e segni di devozione tanto profondi come quelli verso le divinità hindu e buddhiste. Ma neanche il richiamo di culti antichi come il mondo ce la fanno a frenare la paura di backpakers, turisti e scalatori di addentrarsi nuovamente nei percorsi dell'Annapurna, il gioiello dell'Himalaya dalle vette eternamente innevate.

Proprio al principale crocevia del trekking di Beni si è consumata infatti la più sanguinosa battaglia sul campo tra forze maoiste e governative negli otto anni di guerra civile che ha ucciso oltre 60mila persone. L'esercito ha dichiarato di aver eliminato in questa regione, mèta anche di pellegrinaggi sacri, 500 "maobadi" in una notte e mattinata di feroce battaglia, sebbene i guerriglieri ne ammettano solo 40. L'unica cosa certa è che i corpi di oltre cento presunti ribelli nelle loro uniformi verdi sono stati presentati alla stampa e altri sono stati fotografati ed esposti via via che i loro cadaveri venivano recuperati dal cuore delle regioni forestali regno dei maobadi.

Si tratta di guerriglieri spietati. denunciati dalla stessa Amnesty International per i loro metodi spicci con le popolazioni, seguaci spesso fanatici di una società di uguali a ispirazione maoista, rappresentano tragicamente l'unica alternativa a una società politica feudataria e corrotta. Dopo vari tentativi più o meno ufficiali e anche in pompa magna di trovare una pace formale, è sceso attualmente un gelo diplomatico totale tra maoisti, governo e re. Nessuno di loro, tra tanto sangue e odio, se la sente di riprovare ancora, e chissà quando questo potrà accadere. Nel frattempo l'economia scende progressivamente verso i minimi storici e il crollo dell'industria del turismo significa un disastro per tutti i settori connessi.

La strage di Beni del 20 marzo segna inoltre uno spartiacque tra la vecchia e a lungo resistente volontà dei turisti di raggiungere il Nepal e la nuova ondata di paura che potrebbe dissuadere anche i più resistenti. Da Beni si passa per raggiungere il meraviglioso lago di Pokhara e i trekking più belli. E a Beni si arriva anche da Katmandu per le basi dell'Annapurna. Oggi i testimoni lo descrivono come un campo di macerie fumanti, perfino i basamenti di cemento delle case di legno sono bruciati, e l'odore di morte pervade ogni angolo di questa cittadina per un po' off limits.
Agenti di viaggio e guide di trekking sono ovviamente rimaste sconvolte dalla inedita violenza esplosa a Beni. Gianni Ara, un romano cinquantenne che si è trasferito in Nepal all'inizio degli anni '80 e in un modo o nell'altro vi è sempre rimasto, dice di aver ricevuto anche recentemente richieste dall'Italia per scalare l'Annapurna o fare semplice trekking, e qualcuno giungerà anche nei prossimi giorni. Ma il boom degli anni '90 sembra un ricordo ben lontano.
 
Erano gli anni che resero famosa Katmandu come capitale dell'estasi, quando il centro pulsante della città, sede di uno dei tanti antichi regni della Valle, ruotava attorno a una strada chiamata col nome dei cosiddetti viaggiatori freak, antenati dei backpakers. Freak street accoglie ancora oggi una massa di giovani dai modi esteriori liberi e trasgressivi ma spesso persi nell'abuso di hashish offerto a prezzi economicissimi all'angolo di ogni strada. Le sue pensioni da cento e duecento rupie, meno di due euro, ne ospitano grandi quantità, e ben pochi di questi imboccano un percorso di montagna almeno una volta nella loro lunga vacanza. Il più del tempo lo passano a fumare nelle pensioni e negli ormai rari locali dove ancora è permesso.
Gran parte delle presenze turistiche di Katmandu è però a Thamel, il quartiere nuovo nato proprio per le esigenze dei moderni backpakers e viaggiatori. Pensioni a prezzi fortemente differenziati offrono ogni genere di sconti, ma sono spesso vuote e potrebbe essere anche peggio da qui al futuro. Anche in questo quadrilatero finora inviolato di Thamel i maoisti hanno infatti piazzato piccole bombe, e tutto ne è stato sconvolto, sebbene le esplosioni abbiano finora fatto solo pochi feriti.
Per capire il processo di cambiamento in atto a Katmandu e nella settantina di distretti quasi per la metà controllati dai maobadi, basta pensare che il comandante in capo dei ribelli, Compagno Prachanda, due anni fa aveva addirittura spedito una lettera cerimoniosa ai turisti pregandoli di accettare l'invito a visitare "le nostre meravigliose montagne" e a recarsi nelle loro roccaforti.

Lo stesso Prachanda - che è giunto per la prima volta a Katmandu nei mesi scorsi durante le infruttuose trattative di pacificazione nazionale - aveva però avvertito che nessuno poteva "evitare il rischio di trovarsi nel tiro incrociato del conflitto a fuoco", cosa che finora ha coinvolto raramente i turisti, mentre capita ogni giorno agli abitanti dei villaggi rurali. Questi sono regolarmente falcidiati dalle continue battaglie da est a ovest del paese, tra immensi e difficilmente raggiungibili territori di montagne e picchi altissimi, profondi canyon e vallate che sembrano non avere fine, comunicanti spesso grazie a semplici mulattiere che non accoglierebbero una sola vettura.

Molti camminatori e scalatori che frequentano il Nepal da molti anni, come gli scozzesi Ewen Ferguson e John McNicoll, avevano messo nel conto l'eventualità di incontrare pattuglie maobadi, ma contando sull'esperienza sapevano che sarebbe bastata una buona mancia. Quando l'occasione si è presentata, nella forma di due soldatini maobadi sorridenti e malvestiti, i due trekkers si sono visti pretendere mille rupie, poco piu di dieci euro, ricevendo però in cambio una inaspettata ricevuta ufficiale. Richiesto il motivo di quella procedura burocratica inusuale per ribelli antistatali, gli scozzesi sono venuti a sapere che il bigliettino timbrato gli sarebbe servito in caso di incontro ravvicinato con un'altra pattuglia maobadi come segno di avvenuto pagamento del dazio.

L'episodio si è ripetuto molte volte in tempi recenti e l'impressione che i maoisti vogliono dare è proprio quella di pretendere gabelle da chi passa sul proprio territorio come fa ogni governo, incluso l'odiato governo del re nepalese. Peccato che per questa loro ciclopica impresa di guerra armata di popolo ritenuta impossibile fino a pochi anni addietro, il prezzo di vite sia stato straordinariamente alto, aggravato dalle condizioni di miseria in cui versano gran parte delle etnie presenti, 24 milioni di Newari, indiani, tibetani, gurung, magar, tamang, bhotia, rai, limbu, sherpa.

La violenza che insaguina il "Regno delle nevi", come si traduce Nepal nella lingua della regione, sembra riverberarsi su ogni aspetto della vita civile e religiosa.
Ogni martedì si celebra il rito di offerta degli animali alla dea Kalì, sorgente di potere e misericordia e a pochi chilometri da Katmandu, in un luogo che somiglia alle antiche lavanderie italiane dell'800, i boia cerimonianti affondano le loro lame centinaia e centinaia di volte ogni giorno sgozzando capre e galli, pecore e quant'altro. Ogni mattina all'alba anche i macellai compiono la loro opera all'aperto seguendo precisi rituali di dissanguamento che nulla tolgono alla sofferenza dell'animale, sebbene da stretti hindu tutti siano convinti di poter purificare con la preghiera lo spirito della pecora sacrificata e offrirle la possibilità di una migliore rinascita.

Katmandu resta così il centro di questi piccoli e grandi conflitti che passano dalla politica alla società e alla religione. La vita metropolitana notturna, regolata da un coprifuoco che spesso inizia rigidamente alle dieci di sera o anche prima, pullula di uccelli delle tenebre che a volte prendono forme di bambini emaciati e laceri che trascinano un risho o s'intrufolano nelle montagne di spazzatura lasciata in molti angoli. A pochi passi dal palazzo reale che fu scenario del massacro di tre anni fa ad opera dell'ex pretendente al trono, questo piccolo esercito di bambini topi sembra star lì a simboleggiare i frutti velenosi della politica di divisione e di odio che si è accentuata negli ultimi anni in Nepal.

Per aiutare loro e le migliaia di orfani della guerra e di poveri in canna una infinità di organizzazioni non governative si è moltiplicata in questi anni nella totale assenza di ogni intervento statale. L'assistenza internazionale forma oggi una parte consistente del budget nazionale. Ma nessuno può lavorare agilmente dove piovono le bombe, e la bella valle di Katmandu, con le sue magnifiche città di templi in pietra e legno, la corona di montagne più alte del mondo, si sveglia ad ogni alba nella sempre più totale incertezza del domani per 24 milioni di persone tra le più povere del pianeta. C'era una volta il paradiso degli hippies.